Dic 14, 2017 | News
La definizione di “primo soccorso”, il ruolo del datore di lavoro, la formazione e i compiti dell’addetto in azienda
Il primo soccorso è “l’insieme degli atti che il personale non medico può mettere in atto in attesa dell’arrivo di personale più qualificato”. Si tratta dunque di interventi occasionali, che non hanno nulla a che vedere con gli interventi di pronto soccorso svolto dal personale sanitario. In azienda il numero degli addetti al primo soccorso dipende da diversi fattori (il numero di lavoratori presenti in azienda, numero di postazioni lavorative, tipo di lavoro svolto, turni lavorativi ecc..).
Primo soccorso: i ruoli del datore di lavoro e del personale
Secondo l’art. 45 del D. Lgs. 81/2008 è il datore di lavoro che, sulla base dell’attività e delle dimensioni aziendali e sentito il parere del medico competente laddove sia stato nominato, prende i necessari provvedimenti relativi al primo soccorso, all’assistenza medica e all’ emergenza.
Con il decreto ministeriale del 15 luglio 2003, n. 388 e i successivi Decreti Ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono stati stabiliti i requisiti minimi del personale addetto al primo soccorso e i criteri per la loro formazione sulla base del tipo di azienda in cui svolgono servizio.
Il primo soccorso nelle aziende
Le aziende sono state suddivise in 3 gruppi:
- GRUPPO A: aziende o unità produttive con attività industriali, unità produttive con più di 5 lavoratori, aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori a tempo indeterminato del comparto dell’agricoltura;
- GRUPPO B: aziende o unità produttive con tre o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A;
- GRUPPO C: aziende o unità produttive con meno di tre lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
La formazione
Qualunque sia la categoria dell’azienda di cui si fa parte, è opportuno ricordare che la formazione degli addetti al primo soccorso prevede una parte teorica e una pratica e deve obbligatoriamente essere svolta da personale medico, in collaborazione con il Sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Il personale medico può avvalersi della collaborazione del personale infermieristico nello svolgimento della parte pratica.
Addetto al primo soccorso: i doveri
L’obiettivo principale è fare in modo che sia presente sul luogo di lavoro un personale adeguatamente preparato, sempre pronto a fornire una prima assistenza qualificata alle vittime di infortunio o di un malore. Un’adeguata preparazione degli addetti al primo soccorso consente di prevenire e ridurre sensibilmente il verificarsi di eventi dannosi.
Una volta formati, gli addetti al primo soccorso saranno in grado di inquadrare lo scenario di un incidente, valutare i rischi presenti e saranno capaci di mettere in atto tutta una serie di comportamenti, che gli consentano di prevenire o arginare gli effetti dannosi degli incidenti occorsi. In particolare, la formazione degli addetti al primo soccorso consente di apprendere le tecniche di allertamento del sistema 118, affrontare casi di insufficienza respiratoria, arresto cardiaco, traumi, emorragie, sindromi cerebrali acute e avvelenamenti.
Secondo l’art. 3 comma 5 del D.M. 388/2003 la formazione degli addetti al primo soccorso va ripetuta con cadenza triennale.
L’addetto al primo soccorso deve inoltre vigilare e tenere sotto controllo la cassetta di pronto soccorso e rifornirla. All’interno delle aziende appartenenti al gruppo A e B il datore di lavoro deve garantire la cassetta di pronto soccorso (allegato 1), adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile e individuabile con apposita segnaletica da integrare sulla base dei rischi specifici presenti in azienda. All’interno delle aziende appartenenti al gruppo C basta il pacchetto di medicazione (allegato 2) adeguatamente custodito e facilmente individuabile grazie ad apposita segnaletica. In entrambi i casi deve essere garantito un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Infine, l’addetto al primo soccorso deve costantemente dialogare con il Rappresentante dei Lavoratori tenendolo aggiornato sui rischi cui sono sottoposti i lavoratori.
Fonte: http://www.ediltecnico.it
Dic 13, 2017 | News
La ricetta del cemento dei romani: conosciamo gli ingredienti, ma non le dosi, di quel calcestruzzo così tanto più resistente di quello che facciamo oggi…
A distanza di duemila anni, molte delle infrastrutture costruite dai romani, in particolare quelle portuali, sono ancora in piedi e potrebbero rimanerlo per altri millenni ancora. Che cosa ha reso tanto duraturo il cemento dei romani?
Potrebbe sorprendervi sapere che a tutt’oggi il segreto è stato quasi del tutto compreso ma non del tutto svelato. Sul metodo siamo a buon punto: la ricetta dei romani era un mix di cenere vulcanica, calce (ossido di calcio), acqua di mare e grumi di roccia vulcanica (in proporzioni precise, e qui sta il punto dolente).
Sono, in fondo, elementi semplici: opportunamente amalgamati formavano un calcestruzzo che diventava più resistente con il passare del tempo e che ha tenuto in piedi per secoli moli, frangiflutti e porti.
INESPUGNABILE. La moderna ricerca scientifica ha permesso di capire che la forza di quel calcestruzzo deriva dalla reazione dell’acqua di mare con il materiale vulcanico, che dà origine a nuovi minerali che lo rinforzano.
Marie Jackson (geologa, University of Utah), coordinatrice dello studio pubblicato integralmente su American Mineralogist (in inglese), ritiene che «i romani devono aver speso una grande quantità di tempo per ottenere e replicare quel risultato», anche perché erano consapevoli delle virtù evidenti di quel cemento che Plinio il Vecchio descrive come “inespugnabile alle onde marine e ogni giorno più resistente del giorno precedente”.
IN CANTIERE. Il segreto risiede in un minerale chiamato tobermorite alluminosa, «Il minerale si forma quando calce, acqua di mare e cenere vulcanica vengono a contatto, generando una reazione poco termica», spiega Jackson, «e si accresce lungo il tessuto del calcestruzzo spesso in associazione con altri minerali, coma zeolite e phillipsite.» Questi contribuiscono ulteriormente a compattare la struttura del calcestruzzo, evitando crepe o altri indebolimenti che si possono formare al suo interno.
L’INVIDIA… Il calcestruzzo moderno non ha le stesse caratteristiche. Perché non tornare alla “ricetta di una volta”? Per un motivo molto semplice: non abbiamo la ricetta originale, quella con le “dosi”. Ma non tutto è del tutto perduto: forse “la chimica” riuscirà, prima o poi, a darci la ricetta completa e precisa del calcestruzzo dei romani, che noi non siamo più capaci di fare.
Fonte: http://www.focus.it
Dic 11, 2017 | News
In Conferenza Unificata via libera alle regole su conflitto di interesse, controlli e gestione delle varianti
Un passo avanti per l’attuazione del Codice Appalti (D.lgs. 50/2016). La Conferenza Unificata ha dato il via libera alla bozza di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che regola le funzioni del direttore dei lavori.
Conflitto di interessi
Il testo approvato dalla Conferenza prevede che il direttore dei lavori non possa accettare altri incarichi dall’esecutore fino all’approvazione del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione.
Una volta conosciuta l’identità dell’aggiudicatario, il direttore dei lavori deve segnalare alla stazione appaltante l’esistenza di eventuali rapporti intercorrenti, in modo che sia la SA a decidere se i rapporti possono incidere sull’incarico da svolgere.
Dovrà inoltre rispettare l’articolo 42 del Codice Appalti, cioè non avere interessi economici nello svolgimento dei lavori perché dovrà vigilare e dirigerli in modo imparziale.
Compiti del direttore dei lavori
In base alla bozza approvata, il direttore dei lavori riceve dal RUP le istruzioni per garantire la regolarità dei lavori, l’ordine da seguire nell’esecuzione dei lavori e la periodicità con cui presentare un rapporto sulle attività di cantiere.
Prima della scelta del contraente o della sottoscrizione del contratto, il direttore dei lavori deve fornire al RUP i documenti sullo stato dei luoghi e garantire la mancanza di impedimenti in grado di ostacolare lo sviluppo del progetto.
Previa disposizione del RUP, provvede alla consegna dei lavori entro 45 giorni dalla data di approvazione del contratto.
Il direttore dei lavori deve verificare che in cantiere siano usati i materiali, prodotti e sistemi previsti nel progetto e nel capitolato d’appalto. Per accertarlo, dispone i controlli del Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione e può prevederne altri.
Durante la fase di cantiere il direttore dei lavori deve inoltre accertare il rispetto delle norme sulla sostenibilità ambientale, tra cui quelle sul riuso dei materiali di scavo e il riciclo.
Le verifiche del direttore dei lavori si estendono anche al subappalto, controllando che in cantiere ci siano solo imprese autorizzate e che svolgano effettivamente le lavorazioni dichiarate nei contratti.
Varianti in corso d’opera
In caso di varianti, il direttore dei lavori opera insieme al RUP per dimostrare che la variante non è imputabile alla Stazione Appaltante e non era prevedibile quando è stato redatto il progetto.
Il direttore dei lavori deve proporre al RUP le modifiche necessarie e non può autorizzare varianti che non siano state preventivamente autorizzate dal RUP. In caso contrario risponde personalmente delle conseguenze.
Contabilità elettronica e semplificata
La bozza del decreto stabilisce che si utilizzi un sistema di contabilità elettronica in grado di garantire l’autenticità dei dati inseriti. Nei lavori di importo inferiore a 40mila euro è invece ammesso un sistema semplificato.
Fonte: http://www.edilportale.com
Dic 6, 2017 | News
Isolanti prodotti con i funghi o microorganismi, pannelli in pietra riciclata, coperture in lana di pecora o biomattoni, sono solo alcuni dei più innovativi materiali edili ecosostenibili selezionati da C2C.
I 10 materiali edili ecosostenibili più innovativi, selezionati dal concorso “Product Innovation Challenge“, la sfida bandita dal Cradle to Cradle Products Innovation Institute e rivolta ai prodotti edili ed ai processi produttivi più green.
Il Concorso è stato ideato dal Cradle to Cradle Products Innovation Institute in collaborazione con Make It Right, l’associazione no-profit impegnata nella ricostruzione post-emergenza divenuta famosa per l’Ecoquartiere di New Orleans, ed ha visto la partecipazione di oltre 144 produttori di materiali edili ecosostenibili come isolanti naturali, coibentazioni alternative sviluppate a partire da funghi o microorganismi, coperture in pietra riciclata, manti bituminosi recuperati da precedenti demolizioni, e molti altri.
La Giuria, composta da chimici, professionisti del settore, dirigenti di Google e membri dell’US Green Building Council, avrà il compito di selezionare i tre vincitori tra i 10 finalisti, premiandoli con una vincita in denaro.
Le categorie di selezione saranno cinque: salute, riciclo, risparmio di risorse idriche, energia rinnovabile e correttezza sociale.
1 -ISOLAMENTO A BASE DI FUNGHI (Ecovative)
La risposta ecosostenibile alle schiume plastiche, ottenuta a partire da sottoprodotti agricoli tra i quali l’impiego del micelio dei funghi (radici), che permette all’isolamento di svilupparsi e crescere direttamente all’interno della parete muraria. Grazie a questa soluzione, le pareti in legno delle abitazioni riempite di micelio che forma una struttura ermetica, in poco meno di un mese questo strato di isolamento naturale si asciuga trasformandosi in una parete perfettamente ermetica, termicamente resistente, ecologia al 100%, priva di VOC ed ignifuga.
2 -ISOLAMENTO IN LANA DI PECORA (Bellwether Materials)
Un materiale edile ecosostenibile per l’isolamento, realizzato in lana di pecora utilizzando poca energia per la produzione, sicuro per l’ambiente e per le persone. L’isolamento di pecora inoltre ha la capacità di assorbire le sostanze inquinanti presenti nell’aria interna, è ignifuga ed facilmente riciclabile post-demolizione.
3 – PRODOTTI VERDI IN PIETRA RICICLATA (GR GreenBuilding Products)
Componenti per coperture e rivestimenti realizzati a partire da scarti di pietra calcarea, bottiglie di palstica e confezioni e sacchetti alimentari.Questa soluzione di materiali edili ecosostenibili può essere riciclata interamente al termine della sua vita media (50 anni circa).
4 – BIO-MATTONE REALIZZATO CON BATTERI (bioBrick)
Un mattone ecologico realizzato attraverso l’azione congiunta dei batteri, inseriti all’interno di un mix di aggregati. I componenti possono provenire da percorsi di riciclo ed il processo produttivo permette di ottenere mattoni di prestazioni uguali, se non superiori ai tradizionali, ma ad un costo in termini di tempo e di soldi inferiore.
5 – PANNELLI IN PAGLIA (ecococon)
Sono pannelli portanti in paglia realizzati attraverso l’essicazione di questo materiale, ottenendo una soluzione costruttiva economica ed ecologica, super isolante e modulare. Il sistema di pannelli in paglia è composto al 99,4% da materiali riciclati immediatamente a livello locale come paglia e legno.
Questa soluzione ha già ottenuto un notevole successo nell’applicazione di case passive.
6 – COMPONENTI MODULARI PREFABBRICATI ECOSOSTENIBILI (HaploBuilt)
Si tratta di veri e propri blocchi costruttivi modulari, prefabbricati e realizzati con materiali interamente riciclabili, che possono essere assemblati in loco, dando vita a bioarchitetture, il cui processo costruttivo richiede una quantità limitata di acqua o energia.
7 – PANNELLI IN FIBRA DI CELLULOSA (Ecor)
Inoltre il sistema costruttivo di questi particolari pannelli, richiede un quantitativo limitato di acqua e risorse, avvalendosi di un processo chiuso che consente di recuperare il 99,5% delle risorse impiegate.
8 – COLORI MINERALI PER PARETI (Roma)
Si tratta di una particolare tipologia di vernici naturali, lavabili, prove di sostanze chimiche tossiche, ipoallergeniche e permeabili, capaci cioè di impedire ai batteri ed alle muffe di formarsi, assorbendo CO2 ed evitando l’insorgere di patologie respiratorie per gli occupanti.
9 – PANNELLI STRUTTURALI RICICLATI (Stormwall Industrie)
Un muro strutturale composto da materiale edile ecocompatibile che sostituisce i tradizionali muri a secco per pareti, soffitti, pavimenti e partizioni. Adatto ad un impiego anche in condizioni climatiche particolarmente svantaggiose e capace di ridurre le dispersioni di Co2 tre volte rispetto al normale.
10 – PANNELLI RINFORZATI IN LEGNO, PAGLIA E CEMENTO (Dutch Design Initiative)
Possono essere utilizzati per le pareti o i tetti, come elementi portanti, composti da una struttura rigida in legno ed assemblati attraverso la combinazione di lana, legno e cemento. Completamente ignifughi, impermeabile, resistenti a termiti e parassiti, isolanti, fonoassorbenti, privi di emissioni nocive, e d estremamente versatili.
Fonte: http://www.rinnovabili.it
Dic 4, 2017 | News
Il Senato prova a fare chiarezza sui criteri per calcolare il valore dei ‘beni significativi’
Con un emendamento alla Legge di Bilancio 2018 approvato in Commissione, il Senato prova a fare chiarezza su una questione che ha sempre generato dubbi tra i contribuenti: l’Iva agevolata nell’ambito dei lavori edili.
Riportiamo il capitolo del Dossier del Servizio Studi del Senato, relativo a tale emendamento (articolo 3, comma 6-bis), che fornisce una interpretazione autentica della disciplina dell’aliquota Iva agevolata al 10% per i beni significativi nell’ambito dei lavori edili.
Come si calcola il valore dei beni significativi
In primo luogo si chiarisce che la determinazione del valore dei ‘beni significativi’ deve essere effettuata sulla base dell’autonomia funzionale delle parti staccate rispetto al manufatto principale. La fattura emessa dal prestatore che realizza l’intervento di recupero agevolato deve indicare, oltre al servizio oggetto della prestazione, anche il valore dei beni di valore significativo.
Le norme delle quali il nuovo comma 6-bis fornisce una interpretazione autentica sono l’articolo 7, comma 1, lett. b), della Legge Finanziaria 2000 (Legge 488/1999) e il DM 29 dicembre 1999. Tali norme assoggettano all’aliquota IVA del 10% le prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.
Si tratta degli interventi di: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia (articolo 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), della Legge 457/1978).
Manutenzione ordinaria e straordinaria
Per quanto riguarda i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, le cessioni di beni sono assoggettate all’aliquota Iva ridotta se la relativa fornitura è posta in essere nell’ambito del contratto di appalto. Tuttavia, quando l’appaltatore fornisce beni di valore significativo, l’aliquota ridotta si applica ai predetti beni soltanto fino a concorrenza del valore della prestazione considerato al netto del valore dei beni stessi.
Infatti, l’articolo 7, comma 1, lett. b) della Legge 488/1999 demanda ad un DM l’individuazione dei beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle suddette prestazioni, ai quali l’aliquota ridotta si applica fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all’intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni. In sostanza, tale limite di valore si ricava sottraendo il valore dei beni significativi dall’importo complessivo della prestazione, rappresentato dall’intero corrispettivo dovuto dal committente.
Il DM 29 dicembre 1999 ha individuato i beni significativi:
– ascensori e montacarichi
– infissi esterni e interni
– caldaie
– video citofoni
– apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria
– sanitari e rubinetteria da bagni
– impianti di sicurezza.
Su questi beni significativi, quindi, l’aliquota agevolata del 10% si applica solo sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi.
L’Agenzia delle Entrate, nella Guida sulle agevolazioni fiscali nelle ristrutturazioni edilizie, fornisce il seguente esempio di funzionamento del meccanismo. Costo totale dell’intervento 10.000 euro: 4.000 euro è il costo per la prestazione lavorativa; 6.000 euro è il costo dei beni significativi (per esempio, rubinetteria e sanitari). L’Iva al 10% si applica sulla differenza tra l’importo complessivo dell’intervento e il costo dei beni significativi: 10.000 – 6.000 = 4.000. Sul valore residuo degli stessi beni (pari a 2.000 euro) l’Iva si applica nella misura ordinaria del 22%.
Restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione
Per quanto riguarda, invece, i lavori di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione, si applica l’aliquota Iva del 10% alle forniture dei cosiddetti beni finiti, vale a dire quei beni che, benché incorporati nella costruzione, conservano la propria individualità (per esempio, porte, infissi esterni, sanitari, caldaie, eccetera). Sono invece escluse le materie prime e semilavorate (n. 127-terdecies, della tabella A, parte III, del DPR 633/1972). L’agevolazione spetta sia quando l’acquisto è fatto direttamente dal committente dei lavori sia quando ad acquistare i beni è la ditta o il prestatore d’opera che li esegue.
Con la norma appena approvata si prevede che la determinazione del valore dei ‘beni significativi’ deve essere effettuata sulla base dell’autonomia funzionale delle parti staccate rispetto al manufatto principale come individuato nel DM. Il valore dei predetti beni, risultante dal contratto, deve tener conto solo di tutti gli oneri che concorrono alla produzione dei beni stessi, materie prime e manodopera, che comunque non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni.
Su questo punto lo stesso Servizio Studi del Senato rileva che “non è chiaro quale sia l’elemento il cui valore non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni”
I precedenti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
“In sostanza la disposizione, di non facile lettura – si legge nel Dossier -, riprende una parte della Circolare 12/E del 2016 con la quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le parti staccate che non sono connotate da un’autonomia funzionale rispetto al bene significativo rientrano nel calcolo dei limiti di valore previsti per i beni significativi”.
Il chiarimento dell’Agenzia risponde alla domanda se le componenti e le parti staccate dall’infisso, come ad esempio le tapparelle e i materiali di consumo utilizzati in fase di montaggio, possano essere considerati come non facenti parte dell’infisso e – ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata del 10% – possano essere trattati al pari della prestazione di servizio.
L’Agenzia ritiene che, ove nel quadro dell’intervento di installazione degli infissi siano forniti anche componenti e parti staccate degli stessi, sia necessario verificare se tali parti siano connotate o meno da una autonomia funzionale rispetto al manufatto principale. In presenza di detta autonomia il componente, o la parte staccata, non deve essere ricompresa nel valore dell’infisso, ai fini della verifica della quota di valore eventualmente non agevolabile. Se il componente o la parte staccata concorre alla normale funzionalità dell’infisso, invece, deve ritenersi costituisca parte integrante dell’infisso stesso. In tale ipotesi, il valore del componente o della parte staccata deve confluire, ai fini della determinazione del limite cui applicare l’agevolazione, nel valore dei beni significativi e non nel valore della prestazione.
La norma appena approvata prevede, inoltre, che la fattura emessa dal prestatore che realizza l’intervento di recupero agevolato deve indicare, oltre al servizio oggetto della prestazione, anche il valore dei beni di valore significativo (individuati dal DM 29 dicembre 1999). Sono fatti salvi i comportamenti difformi tenuti fino alla data di entrata in vigore della legge. Non si fa luogo al rimborso dell’Iva applicata sulle operazioni effettuate.
Fonte: http://www.edilportale.com
Nov 30, 2017 | News
Nel testo anche il Fondo progettazione da 60 milioni di euro per l’antisismica e la prevenzione del rischio idrogeologico
Equo compenso per tutti i professionisti, Fondo progettazione da 60 milioni di euro per l’antisismica e il risanamento idrogeologico, edilizia libera nelle aree colpite dal sisma, deroghe al Codice Appalti per la ricostruzione, possibilità di utilizzare i proventi degli oneri di urbanizzazione per la progettazione delle opere pubbliche ed estensione dello split payment.
Sono alcune delle novità della legge di conversione del Decreto Fiscale, approvata definitivamente dalla Camera con 237 voti favorevoli, 156 contrari e tre astenuti.
Equo compenso
A tutti i professionisti sarà riconosciuto un equo compenso determinato in maniera proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, tenendo conto dei parametri previsti dai regolamenti delle singole professioni (quindi nel caso di architetti e ingegneri del Nuovo Decreto Parametri bis).
L’equo compenso è stato bocciato dall’Antitrust che con un parere reso nei giorni scorsi lo ha considerato contrario ai principi concorrenziali.
Fondo progettazione da 60 milioni
Un Fondo da 60 milioni di euro nel triennio 2017 – 2019 sosterrà i Comuni delle zone a rischio sismico 1 e 2 nella progettazione definitiva ed esecutiva nelle zone a rischio sismico e contro il rischio idrogeologico.
Case senza autorizzazione dopo il sisma
Sarà consentita l’attività edilizia libera “per gli interventi di realizzazione di immobili in assenza dì titolo abilitativo eseguiti nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 e il 24 agosto 2017 per impellenti esigenze abitative dai proprietari, usufruttuari o titolari di diritti reali di godimento su immobili distrutti o gravemente danneggiati dagli eventi sismici”.
Ricostruzione delle opere pubbliche
Per la ricostruzione delle opere pubbliche più urgenti si potrà utilizzare la procedura negoziata a inviti e senza bando di gara per gli interventi fino a 5,22 milioni di euro.
Oneri di urbanizzazione per la progettazione di opere pubbliche
Dal 1° gennaio 2018 i proventi degli oneri di urbanizzazione e delle sanzioni previste dal Testo Unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) saranno utilizzati anche per la progettazione delle opere pubbliche. Questa destinazione si aggiunge alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico e a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano.
Split payment
Il meccanismo della scissione dei pagamenti dell’Iva sull’acquisto di beni e servizi, attualmente previsto per tutte le amministrazioni dello Stato, gli enti territoriali, le università, le aziende sanitarie e le società controllate dallo Stato, sarà esteso anche a enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona, le fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%, le società controllate direttamente o indirettamente da qualsiasi tipo di amministrazione pubblica o società assoggettata al meccanismo in parola e quelle partecipate per una quota non inferiore al 70% da qualsiasi amministrazione pubblica o società già assoggettata allo split payment.
Banca dati nazionale degli operatori economici
Sarà autorizza una spesa di 100mila euro per il 2017 e 1,5 milioni all’anno dal 2018 per la gestione e il funzionamento della Banca dati nazionale degli operatori economici, introdotta dal Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), per consentire una rapida verifica dei requisiti dei soggetti che partecipano alle gare, e gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Fondo di garanzia per le Pmi
La dotazione del Fondo sarà incrementata di 300 milioni di euro per l’anno 2017 e di 200 milioni di euro per il 2018. Il Fondo di Garanzia per le PMI, operativo dal 2000, favorisce l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca, e spesso si sostituisce, alle garanzie reali portate dalle imprese. Il Fondo consente alle imprese di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative).
Anche i professionisti non organizzati in Ordini e Collegi potranno partecipare al capitale dei confidi e usufruire della relativa garanzia.
Rigenerazione urbana di Bagnoli e Matera
Con una assegnazione da 27 milioni di euro sarà consentita la prosecuzione degli interventi del programma di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana dell’area situata nel comprensorio di Bagnoli-Coroglio.
Alla città di Matera saranno trasferiti 3 milioni di euro per l’anno 2017. Le risorse sono state previste dal decreto “Mezzogiorno (DL 91/2017 convertito nella Legge 123/2017) per gli interventi urgenti previsti per Matera Capitale europea della cultura 2019.
Fonte: http://www.edilportale.com